In Francia mancherebbero nei budget previsionali della compagnia elettrica 220 miliardi di euro per mettere in sicurezza, attuare il decommissioning e smantellare gli impianti nucleari. Mi spiego: proprio non considerano davvero questa esternalità.
Neanche nazionalizzando si potrà sistemare tutto come si deve. Neanche usando i militari (che non sono formati a questo e che ricevono tagli su tagli finanziari, peggio che tutti gli altri settori...). "Quasi" tutto il nucleare sarà dunque abbandonato al suo destino letale e tanto peggio per tutti noi?
Lo si sussurra da decenni, lo si dice da anni: gran parte del parco nucleare mondiale potrebbe restare là dov'è, nessuno smantellerà niente, addirittura gli smantellamenti in atto rimarranno probabilmente a metà dell'opera, magari con il carburante ancora in sede o in stoccaggi non definitivi e molto pericolosi per le falde o per la qualità dell'aria, della fauna e della flora. Lasciare dove si trova il complesso nucleare di Fessenheim, in Francia, significa minacciare pesantemente le risorse idriche di quasi 80 milioni di abitanti di Francia, ma soprattutto Germania, Belgio e Olanda. E per la pericolosissima centrale di Fessenheim (costruita sulla faglia sismica più attiva del centro Europa e col reattore, in caso di incidente, ad un solo metro di cemento armato e nemmeno venti metri totali da un "ingresso" del liquido radioattivo nella falda più grande d'Europa) i governi francesi rimandano e rimandano, in attesa inconsapevole di un grave incidente che li mobiliti per forza di cose, la salatissima fattura da pagare per il decommissioning e lo smantellamento.
Forse l'abbandono grave, e magari illegale, sta già accadendo da qualche parte, magari in Europa; magari a Saluggia, in Italia, o a Marcoule, sempre in Francia (dove vige il segreto militare, o anti-terrorismo..., su molte installazioni nucleari civili). Per ora nessuno scenario post-comunista tipo Chernobyl o Tatarstan, ma è comunque interessante la foto a lato: una installazione nucleare, mai completata, ed abbandonata a se stessa e quindi NON inquinante dal punto di vista della radioattività, appunto in Tatarstan. In Russia ci sono ufficialmente quattro centrali nucleari mai finite o mai autorizzate che vengono pian piano depredate di materiali da costruzione dai "locali" ed il restante viene lasciato arrugginire; addirittura l'impianto di Bashkir è in costruzione da 33 anni (avevo un anno quando iniziarono!), nel 1980 fu fondata Agidel*, immonda cittadina operaia a supporto del progetto, poi tra un ricorso ed una nuova legge si è interrotto e ricominciato a costruire per decine di volte.
Un documentario (link sotto) di circa un'ora, di Arte, mette ora in evidenza per il grande pubblico - in modo allucinante - l'incubo post-nucleare e quello che noialtri "pessimisti" diciamo da tempo: la fine dell'era del petrolio e quindi della società industriale e dei servizi, ma anche il semplice balzo dei costi del nucleare stesso, significherà forzato abbandono alla meno peggio delle installazioni nucleari e dei siti a grande rischio chimico. Solo in Francia la Corte dei Conti stimava un paio di anni fa in circa 230 miliardi di euro il budget necessario per smantellare l'esistente parco nucleare secondo i requisiti di sicurezza. Invece per ora ne sono stati stanziati solo 13. VENTI volte meno del minimo pensabile, l'attenzione al problema in un paese attentissimo come la Francia è quindi quasi nulla. Ed il tempo stringe.
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