8.2.11

Delirii sullo show agricolo

"In Europa non si coltiva più, si gestiscono patologie vegetali
cercando
di tenere in vita piante talmente malate che non chiedono che morire".
Claude Bourguignon

Claude Bourguignon è un duro. Un giusto. Ingegnere agronomo francese, fuggito dall'Istituto Nazionale per la Ricerca in Agricoltura per rifondare in privato ed in piccolo la scienza della microbiologia dei suoli, per farla breve Claude (in foto) da anni fa di tutto per salvare l'humus ed i suoi abitanti, le collembole. In Francia, l'INRA (ed i ministri dell'agricoltura, uno dopo l'altro) ha fatto carte false per sopprimere la cattedra di microbiologia dei suoli, la podologia è quindi rimasta una questione di geologi di serie B, geologi poveri che si occupano della neutra pelle della crosta terrestre, ambito di ricerca e lavoro ad esclusiva pertinenza di gruppi industriali. Peggio per loro, per noi e per tutti. Sanno benissimo che nulla è neutro, là sotto, ma anche qui sopra; ma conviene che uomini e cose siano neutrali, in tal modo si possono vendere nuove vite magiche, promettere futuri e carriere, prodotti di sintesi che attivano magici poteri. L'uomo è l'unico motore di un mondo che lui stesso ha creato. E l'industria ultima figliastra di questo maldestro universino portatile ha in mano la totalità delle vite, amica della banca che ha in mano tutto quello che è ipotecato per i secoli dei secoli e quello che non è ipotecato è perchè ancora non se ne sono accorti.
Abbiamo ipotecato un Pianeta per cosa? Quali risultati di felicità dei singoli e delle collettività sono stati raggiunti? Posso fare con tre spicci un weekend a Saragozza. Poi ci arrivo e scopro che tutti i miei coetanei che vi incontro sono senza lavoro, senza futuro, senza più sogni ed idee esattamente come coloro che lasciai in Italia e come in parte mi sento anche io.

L'agricoltura francese, non unica al mondo, è al collasso totale: nel silenzio e nell'ignoranza generale i pochi agricoltori rimasti, trasformati da decenni in operai di movimento ed insozzamento terra o poco più, stanno uscendo fisicamente di scena. Di anno in anno si perdono centinaia di contadini e imprese agricole, fallimenti, chiusure generazionali, suicidi (esattamente come in India, pure Oltralpe non si contano più gli agricoltori che si impiccano con le "corde blu" da balla di fieno).

Claude e la moglie Lydia hanno salvato e stanno salvando il salvabile in Francia, dove i suoli coltivati a cereali o vigne sono tutti allo stremo ed a stento sopportano gli ultimi attacchi meccanici e chimici di homo sapiens sapiens, il nipote eterno adolescente metallaro, junk food-dipendente e foruncoloso dell'homo abilis.

Le parole citate in alto, tratte dal documentario francese "Allerta a Babilonia", ci suggeriscono anche che produrre cibo, durante l'era petrolitica, è qualcosa che attiene di più alla guerra, al genocidio o nel migliore dei casi allo spettacolo, più che al concetto di vita rurale a cui pensi chiunque abbia un'anima o abbia visto dal vero in qualche mostra una veduta di Borrani, Sernesi, Fattori, Cabianca, Lega... I miracolati macchiaioli che videro e dipinsero i nostri bisnonni corti, polverosi, scalzi ed ignari che a piedi nudi percorrevano i tre o quattro ettari di campi della famiglia. Mi commuovo al solo ricordo dei miei passi e dei miei occhi fissi, a Palazzo Bricherasio, innanzi a tale splendore verista, ormai un paio di anni fa.
Sempre un secolo fa, braccianti italiani passavano il confine e a mano falciavano la lavanda, già di contadini francesi ce n'erano molto pochi rispetto alla Liguria o al Piemonte. E pian piano da quegli altipiani scendevano con le fascine in braccio o a cavallo di qualche asino o cavallo.
Ora una sola immensa macchina per 400 € al giorno di affitto raccoglie una decina di ettari di lavanda, tritando ognuna insieme alle mille e una mietitrebbie ogni anno qualche milionata di api, farfalle, volatili vari, tutto è uguale; tutto è show. Finirà tutto indistintamente magari negli olii essenziali con cui profumiamo i nostri vestiti per andare in ufficio a fare tic tic sul pc per ore 8, per giorni 325, per anni 40. Lavanda bio, lavanda etica, lavanda anche macabra.
Almeno quando si facevan ste cose alla mano, la farfalla ci vedeva, svolazzava lontana. Ci carpiva un sorriso mentre ci veniva comodo fare una micro-pausa ed asciugare il sudore... Il sudore: ma chi suda più ormai? Ne conoscete?
Pazienza, s'è voluto fare dello spettacolo.
E al posto di intere comunità di centinaia di lavoratori volontari e polivalenti, che anche lavoravano per poco e stagionalmente, parlando, scambiando prodotti e tecniche e storie e canzoni d'Occitania, lassù sopra Manosque, o a Valensole, è tutto un fiorire di case secondarie da mezzo milione di Euro l'una, ed uno o due giorni all'anno arriva il John Deere da 400 CV con un Jean-Pierre come autista a doppia patente speciale che passa, trita, schiaccia, uguaglia come tombe al cimitero e strapazza tutto. Non parla Jean-Pierre, è solo sul sedile ammortizzato, ascolta le radio commerciali con la climatizzazione a palla: Shakira, gli U2, Justin Bieber... Ai piedi, se vuole, tiene pure le sue scarpe da passeggio urbano; a casa ad aspettarlo una moglie impiegata nel terziario avanzato che tiene la contabilità di una ditta francese che produce calcolatrici elettroniche in Cina per il mercato Inglese.

Quando ricevete cartoline dalla Francia, vedete il palcoscenico di questo show agricolo moderno.

L'uomo (homo... humus...) è stato espulso dalla scena agricola, si è cacciato da Eden, dio di se stesso. Viviamo già un deserto che ha molte probabilità di nessun ritorno ad un "prima" abitato dall'uomo.
L'uomo è già morto ed estinto: si apre un secolo di pure formalità malthusiane, in cui ognuno avrà il finale del dramma che ha scelto di recitare, o che i suoi padri recenti hanno scelto per lui. Se ne è andato su una sport utility wagon, l'uomo, c'era il limite a 130 kmh e lui anche se non aveva fretta ha voluto schiacciare il pedale fino a 200, perchè poteva. Perchè fa fico.
E' lo show delle macchine, degli alambicchi e degi ultracorpi che riposano nel comfort del Grande Museo della Vita, dell'ordine che disordina e del rumore.

Per parafrasare l'enorme Guido Ceronetti, chi si abitua al rumore ed al caos imperante delle macchine, è già morto. Chi non dice una parola, attonito mentre accetta l'ingresso al museo morto della vita, è un morto che uccide i pochi vivi rimasti.
E noi siamo i figli di quei morti.
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